Il Saggio sul dono di Marcel Mauss è un punto di riferimento importante nelle Scienze Sociali per pensare il tema del dono, proposto in questo congresso. Questo breve lavoro ha l’obiettivo di presentare le riletture del saggio fatte da autori contemporanei che cercano di pensare la società attuale in questa prospettiva.
E’ una revisione bibliografica di libri e articoli di Allain Caillé, Jacques Godbout e di autori brasiliani: Eric Sabourin, Marcos Lanna, Paulo Henrique Martins e Jorge Luiz Villela. Ci sembra importante sottolineare, come Caillé (1998), che "il paradigma del dono non è una macchina che soffia le soluzioni, ma che ispira le domande".
Il Saggio sul Dono – Contestualizzazione e Metodologia
Il Saggio sul Dono: forma e motivo di scambi nelle società arcaiche, di Marcel Mauss, è
stato pubblicato in Francia, nel 1924. È composto da una vasta ricerca sulle modalità di scambi
etnografate in tre aree principali – la Melanesia, la Polinesia ed il Nordovest americano.
Questo Saggio, lungo il ventesimo secolo, fu oggetto di studio di molti antropologi e
sociologi, ed acquistò maggiore visibilità a partire dall’Introduzione fatta da Levi-Strauss negli anni
’50, in occasione della pubblicazione postuma dell’opera dell’autore.
Dagli anni’80 questo studio suscita nuove letture, soprattutto in Francia con La Revue Du
Mauss (M.A.U.S.S. - Mouvement Anti-Utilitariste des Sciences Sociales), diretto da Alain Caillé.
Oltre a rendere omaggio all’autore del Saggio, sintetizza il malcontento di un gruppo di intellettuali
verso l’utilitarismo come spiegazione dell’azione umana nella società. Gli autori qui studiati
condividono il pensiero di questo gruppo francese.
Caillé (1998) così definisce i due paradigmi che regolano il pensiero sociologico: l’olismo
(il comportamento è determinato dalla società, dalle norme concepite come obblighi esterni che limitano il singolo) e l'individualismo metodologico (che spiega il comportamento a partire dalle
nozioni di interesse, di razionalità e di utilità). Gli autori studiati considerano che i due paradigmi si
mostrano incapaci di pensare il dono ed il legame sociale (Caillé,1998; Godbout,1998).
Secondo Godbout (1997) il fenomeno del dono non si trova soltanto nelle società studiate da
Mauss, ma anche nelle società attuali, “è dappertutto”:
Cos’è il dono? In modo negativo, si capisce come dono tutto ciò che circola nella società che non stia
collegato né al mercato, né allo Stato (redistribuzione), né alla violenza fisica. [...] Basta pensare a quanto
circola tra amici, vicini, parenti, sotto forma di regali, ospitalità e servizi. Nella società moderna, il dono
circola anche tra sconosciuti: le donazioni di sangue e di organi, la filantropia, le donazioni umanitarie, la
benevolenza, ecc (GODBOUT,1998).
Metodologia del Saggio
Per quanto riguarda il “metodo” usato da Mauss nel Saggio, lui l’ha definito un “fatto
sociale totale”, che consiste nel comprendere il tutto, il comportamento globale di un gruppo o di
una società.
Non abbiamo studiato (le società) come se fossero fisse, in un modo statico o meglio, cadaverico, e
tanto meno le abbiamo scomposte e dissecate in regole di diritto, in miti, in valori ed in prezzo. È stato nel
considerare il tutto insieme, che abbiamo potuto percepire l’essenziale, il movimento del tutto, l’aspetto vivo,
l’attimo fuggente in cui la società e gli uomini diventano consapevoli di sè stessi e della loro situazione rispetto
ad altri. (MAUSS, conclusione del Saggio)
Martins (2008) considera il “fatto sociale totale” una categoria globale, perchè riesce a
cogliere l’alleanza che nasce da un’espressione collettiva e condivisa e fa scattare le risorse
affettive, cognittive, materiali ed spirituali di una comunità.
Attraverso il simbolismo che si coglie dal Saggio, non è rilevante la dicotomia tra
l’individuo ed il collettivo, perchè nell'organizzazione pratica ci sono sempre due beni in
circolazione: uno materiale, che è la cosa data, e uno simbolico, che corrisponde all'intenzione. "La
costruzione dell’alleanza tra persone morali richiede che l'insieme delle risorse visibili e invisibili
(materiali e simboliche) disponibili nella tradizione e nella memoria circolino continuamente,
coinvolgendo tutti i partecipanti in azioni reciproche di donazioni, incassi e pagamenti" (Martins,
2008).
Il dono ed il legame sociale: la questione della reciprocità Nella descrizione etnografica delle società, espresse nel Saggio, si trova un filo conduttore:
il dono produce alleanza, legame sociale (Godbout, 1998).
Mauss descrive la vita sociale come un costante dare-ricevere-retribuire, e si pone la
seguente domanda: “Quale forza c’è nel dono fatto che spinge il donatario a ricambiarlo?” Secondo
Godbout (1998), la retribuzione non rientra nel modello di mercato:
Una prima caratteristica di un sistema di donazione consiste nel fatto che gli agenti sociali cercano di
evitare l'equivalenza in modo deliberato. Questo non significa che il dono sia unilaterale. Può essere così, ma
questa non è una sua caratteristica essenziale. Di solito, al contrario, c’è la retribuzione, e spesse volte più
grande che il dono stesso. Ma la retribuzione non è l'obiettivo. E 'un errore applicare ad essa il modello lineare
fini-mezzi e dire: lui ha ricevuto dopo aver dato, quindi ha dato per ricevere; l’obbiettivo era quello di ricevere
ed il dono era un mezzo. La donazione non funziona in questo modo. Si dà, si riceve molte volte di più, il
rapporto tra i due è molto più complesso e smonta il modello lineare dell’agire strumentale. (Godbout, 1998)
Mauss arriva ad una conclusione magistrale: i doni vano e vengono sempre. Il ritorno del
dono è spiegato dalla forza presente nella cosa donata (che è il proprio donatore), che genera il
legame, l'alleanza tra chi dà e chi riceve: "Ma è anche perché nell’atto del dare le persone si danno,
e, se le persone si danno, è perchè si ‘devono’ – loro ed i loro beni – agli altri”.
Nel paradigma utilitaristico, l'individualismo è alimentato dalla formula "non devo niente a
nessuno." Nel dono il debito è volutamente mantenuto e, per questo essere debitori reciprocamente,
la gratitudine genera e mantiene il legame, i rapporti assumono il carattere di interdipendenza e di
reciprocità. Questa, secondo Sabourin (2008), suppone una preoccupazione per l'altro che diventa
ospitalità, dono del cibo e dei viveri, protezione, ossia, motivi o obblighi da produrre.
Il valore del dono è così vincolato al legame, alla relazione, come afferma Vandenberghe
(cit. da Martins): “Potremmo dire che le relazioni tra le persone (nel dono) non appaiono più come
una relazione tra le cose, ma che i rapporti tra le cose appaiono ora come una relazione tra le
persone”.
A causa della dimensione del simbolico consegue che chi dona offre sempre qualcosa di sè stesso,
mentre acquista questo "sè". Accettando, chi riceve, accetta qualcosa del donatore. Lui lascia, anche se solo
momentaneamente, di essere un altro; il dono li avvicina tra loro, li rende simili (Sabourin, 2008).
La Libertà
La questione della reciprocità punta su un altro dibattito presente nel saggio: la questione
della libertà. Sfidando il paradigma olistico, potremmo chiederci: in che modo la libertà
dell'individuo moderno sovverte i sistemi d’obbligo istituiti, per creare nuovi sistemi di reciprocità
ambivalenti e aperti, come per esempio il lavoro volontario assieme a sconosciuti (il che non siverifica nei sistemi di scambi tradizionali, dove la vicinanza di sangue ed etnica sono fattori
determinanti del dono)? (Martins, 2008)
C’è un grande dibattito intorno al tema dell’obbligatorietà del dono versus la libertà di
donare o di retribuire. Alcuni autori ritengono che esista un paradosso: il dono è allo stesso tempo
libero ed obbligatorio.
Questa discussione sulla libertà nel dono si trova anche in Godbout (1998), il quale afferma:
La libertà che possiamo vedere qui non si realizza nella liquidazione del debito e non
consiste nella facilità, per l’attore, di lasciare il rapporto, si trova invece nel legame sociale, ed è
quello di fare diventare più libero il proprio legame, moltiplicando i rituali volti a ridurre, per l'altro, il
peso dell'obbligo all'interno della relazione. Il dono è una costante interazione tra libertà ed obbligo.
La maggior parte delle caratteristiche del dono diventano comprensibili se interpretate secondo il
principio della libertà degli attori.
L'autore conclude sostenendo che soffermarsi sulla questione dell'obbligo è
una degradazione del dono, dove rimane solo il guscio, senza il contenuto e senza senso. Il
"vero" dono è un gesto socialmente spontaneo, um movimento impossibile da cogliere in movimento,
un obbligo che il donatore dà a se stesso, ma un obbligo interno, immanente.
La Fiducia
Nel Saggio, Mauss sostiene l’esistenza di solo due alternative: "fidarsi totalmente o non
fidarsi totalmente": scommettere sull'alleanza e sulla fiducia, e concretizzare la scommessa per
mezzo dei doni che sono simboli di questa prima scommessa o andare in guerra. La scommessa del
dono è, di fatto, intrinsecamente paradossale, dal momento che solo la gratuità dimostrata,
l'incondizionalità, è in grado di sigillare l'alleanza da cui trarranno beneficio tutti, e in ultimo, colui
che ha preso l’iniziativa del disinteresse. Il legame sociale si dà soltanto a partire da questa
scommessa di fiducia (Caillé, 1998).
Conclusione
Godbout (1998, p. 8) ha una concezione molto singolare della Donazione e dei suoi effetti
individuali e collettivi:
Così, ogni dono è la ripetizione della nascita, dell'arrivo della vita; ogni dono è un salto
misterioso al di fuori del determinismo. Per questo il dono è spesso accompagnato da un certo senso di
euforia e dall’impressione di sentirsi parte di qualcosa che va oltre la necessità di ordine materiale. [...
] Si arriva all’idea che nel dono, oltre a non volere il ritorno, non si desidera nemmeno il proprio
dono: si può dire che questo viene naturalmente. Il dono viene da sé, si dà a sè stesso. Infine, non è il soggetto che dà, il soggetto segue il dono, è portato da questo. Il dono sarebbe un esperimento in cui
viene abolita la distanza tra i fini ed i mezzi, in cui non ci sono più fini e mezzi, un atto che riempie lo
spazio di significazione del soggetto e fa sì che siamo superati da quello che passa da noi, e da quello
che accade in noi. Il dono sarebbe un’esperienza di abbandono all’incondizionalità [...] Il dono
sarebbe quindi un’esperienza sociale fondamentale in senso letterale, dell'esperienza dei fondamenti
della società, di ciò che ci lega a questa al di là delle regole cristallizzate e delle norme
istituzionalizzate come norme della giustizia. Lo sentiamo che passa in noi, il che crea uno stato
psichico speciale. Un esperimento in cui la società è vissuta come comunità.
Secondo Godbout (1998) nel contesto del dono, l’esperienza di appartenenza ad una
comunità non limita la personalità di ciascuno, anzi, espande il senso di “sé”, la propria
identità.
L’autore afferma ancora che le persone donano per connettersi alla vita, per rompere
l’isolamento, per sentire la propria identità. “Il dono sarebbe, dunque, un principio
consustanziale al principio vitale, ai sistemi viventi” (Godbout, 1998, p.10).
Concludiamo con una proposizione di Godbout, che ci sembra molto stimolante.
L’autore propone un'inversione dell’attrattiva del guadagno per l'attrattiva del dono e un
rovesciamento della domanda: invece di domandarsi che cosa spinge le persone a donarsi,
perché non ci chiediamo che cosa impedisce loro di farlo?
Testo di Maria do Socorro Malatesta Freitas
Relatrice: Heloisa Helena Rocha Silveira
REFERÊNCIAS BIBLIOGRÁFICAS
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