La visita di Chiara Lubich a Malta: Ricordi personali
PROF. MARK BORG
B.A.(Ed.)(Hons.),M.Ed.(Birm.),Ph.D.(Birm.),AFBPS,CSci,CPsychol,FRSA
Erano proprio 10 anni fa che abbiamo accolto Chiara Lubich fra noi in occasione del conferimento della laurea honoris causa in dottore in lettere - arti e psicologia dall’università di Malta. Quella occasione è stata per me e per la folla che ha gremito l’aula Sir Temi Zammit e le aule vicine, davvero memorabile. Memorabile non tanto per il significato e la serietà dell’avvenimento, o perchè numerose personalità da tutti gli ambiti della società maltese erano presenti. Neanche per il gran numero di persone venute dall’estero nel nostro paese da diversi continenti, o per la coverage ampio data dai media all’evento. E’ stata un’occasione memorabile perchè celebravamo una persona che con l’esempio della sua vita, con la convinzione della sua fede e con la sua opera aveva toccato e stimolato molti. Una persona che probabilmente è la donna più influente della Chiesa cattolica dei nostri tempi.
In quell’occasione ho avuto il privilegio di dare il mio piccolo contributo. In queste poche parole cercherò di condividere con voi alcuni ricordi personali significativi di quell’esperienza davvero unica.
Era nel settembre dell’anno precedente (1998) che il nome di Chiara Lubich è entrato nella mia vita seriamente per la prima volta. Mi ha telefonato don Anton Abela e mi ha chiesto se ero pronto ad accogliere l’invito del senato accademico per fare la laudatio. Confesso che non sapevo come rispondergli. La mia prima reazione era stata piuttosto di dirgli “meglio di no”. In quel momento sentivo che non dovevo accingermi in un’impresa di questo genere su una persona della quale avevo sentito parlare poco e non conoscevo assolutamente niente. Avevo sentito parlare dei Focolarini, ma non sapevo che questo movimento era stato fondato ed era guidato da Chiara. Insomma, ero completamente a digiuno sul personaggio che avrebbe dovuto essere il tema dell’orazione. In poche parole, all’inizio non sono stato per niente contento dell’invito, tanto che ho risposto che sarebbe stato meglio che ci pensassi un po’. Confesso pure che non avevo il minimo indizio della portata impressionante che quell’occasione avrebbe assunto. Oggi dico: “E’ stato meglio così” perchè, se avessi saputo, questo invito mi avrebbe preoccupato di più e non l’avrei accolto. Per non dilungarmi troppo, pochi giorni dopo Don Anton ed io ci siamo messi d’accordo che prima di decidere sì o no sarebbe stato meglio che leggessi qualcosa su Chiara e che incontrassimo alcuni focolarini in uno dei centri del Movimento.
Questo primo passo è stato per me come una ‘epifania’. Quel poco che ho letto e visto con i miei occhi mi ha così colpito che ho sentito che non potevo non intraprendere questo lavoro. Il fatto che non conoscevo praticamente niente di Chiara e della sua opera, che ne ero estraneo, al posto di sembrarmi uno svantaggio, ora ho iniziato a considerarlo come un vantaggio. Ho sentito che così, dopo essermi documentato con quell’impegno che questa occasione richiedeva, avrei potuto formulare la mia idea nel modo più distaccato e obiettivo possibile. E quello per me fu l’inizio di una esperienza unica che durò circa sei mesi e che certamente non potrò mai dimenticare – l’inizio di una esperienza il culmine della quale avrebbe poi dovuto essere il privilegio di fare questa orazione alla presenza di Chiara e incontrarla personalmente.
Ho trovato molto aiuto dal Movimento a Malta, come pure da persone dal Centro Internazionale a Roma che mi hanno fatto avere vari testi, videoregistrazioni e altri dati su Chiara e la sua opera. Sin dall’inizio avevo deciso che l’orazione non si doveva ridurre in un elenco interminabile dei traguardi raggiunti e di particolari della sua opera. Forse era inevitabile che come psicologo sentivo che la forma principale doveva essere una psicologica, ponendo l’enfasi sulla persona. Mi era sembrato che per capire meglio l’opera di Chiara e la sua incidenza non potevo non partire dalla persona, e cercare di capire la formazione e l’evoluzione del suo pensiero e della sua opera.
Certamente voi che siete qui siete tutti ben a conoscenza delle origini e della storia di Chiara e che cosa ha portato a far nascere la sua opera. La psicologia ci insegna la grande importanza della famiglia nella formazione della persona. Per citare un solo esempio, non potevo non notare l’influenza dei suoi genitori: padre socialista in una Italia fascista e madre cattolica praticante fervente. Due influenze che Chiara ha amalgamato in una filosofia che fa uno gli ideali cristiani e quelli socialisti nella tradizione cattolica.
Più approfondivo quanto Chiara aveva scritto e operato più comprendevo che mi ero imbattuto in una persona davvero straordinaria; una persona con una tale visione e un tale dinamismo che è stata capace di formulare delle idee e delle prassi prima dei tempi. Certamente non affermo niente di nuovo quando ribadisco che molto di quello che Chiara ha promosso (per esempio la centralità del messaggio evangelico di unità e amore, il ruolo importante dei laici, l’ecumenismo e il dialogo tra le religioni, la liturgia abbellita da canti adatti ai tempi) ha anticipato con un certo numero di anni alcuni dei cambiamenti che poi sono emersi dal Concilio Vaticano II.
Si può capire che una tale occasione non poteva non recare una certa dose di ansietà in una persona che con responsabilità e parole adatte e scelte doveva celebrare le qualità della laureanda. Confesso che benchè mi avessero preparato alla portata dell’occasione e che sarebbero stati in molti a partecipare a questa cerimonia, non avrei mai immaginato che dovesse assumere una dimensione così grande.
Mi ricordo che quando mi hanno presentato a Chiara, pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia, la prima cosa che mi ha colpito è stato il suo sorriso sincero. Con quel suo fare semplice mi ha accolto come se fossimo conoscenti di vecchia data. Non dovevi essere un erudito per renderti conto subito della semplicità e della umiltà di questa persona – qualità che aprezzi sempre di più quando diventi familiare con i suoi scritti, la sua opera e l’impatto che essa ha avuto su decine di milioni di persone sparse nei cinque continenti.
Ci siamo salutati e siamo andati a prendere i nostri posti. Il protocollo di questa cerimonia prevede che l’oratore si sieda accanto alla laureanda. Sono andato a finire alla sua destra, con il Rettore Roger Ellul Micallef dall’altra parte.
Il momento dell’orazione è arrivato ed è anche passato. Ero felice, se non altro perchè almeno non mi ero impappinato nel pronunciare quelle parole che avevo preparato. Ora che mi ero calmato potevo godermi il resto dell’avvenimento. Si è svolta la cerimonia del conferimento del dottorato e poi è giunto il momento atteso da tutti – il discorso di Chiara. In un silenzio perfetto abbiamo potuto apprezzare le sue riflessioni personali sulla spiritualità nata con il gruppo delle sue compagne a Trento e la genesi della sua opera. L’idea centrale di tutta l’opera di Chiara, così come è emersa in maniera chiara dal suo discorso, è quella dell’unità; unità a tutti i livelli possibili, da quella più basica, tra due persone, fino a quella più sublime, della persona con il Creatore. Questo, a mio parere, ero lo spunto principale della sua tesi: l’importanza della comunione con gli altri nella realizzazione della persona e, pena la quale, la persona finisce ad essere distrutta – sia spiritualmente che psicologicamente.
Il suo discorso è stato accolto con un applauso che non è facile descrivere. E si sentiva che non era un applauso di facciata ma uno che usciva dai cuori e dalle menti dell’audience. Non potrò mai dimenticare quello che è successo mentre tutte le persone presenti celebravano Chiara con il loro applauso. In un modo del tutto spontaneo lei è scesa dal podio, è andata verso le personalità che erano sul palco, per salutarli e stringere a loro la mano. Alla fine è venuta anche da me, mi ha sorriso, mi ha stretto la mano, e mi ha detto: “Tante grazie. Hai fatto un vero lavoraccio”. Quasi con un tono di scusa per il lavoro che avevo affrontato per preparare l’orazione.
Sono passati 10 anni da quel giorno, e tra pochi giorni ricorderemo il primo anniversario della sua dipartita. Sono felice di aver avuto questa opportunità per condividere con voi alcuni dei miei ricordi personali di quel giorno. Ed è giusto che a nome di tutti noi la ringrazio con le sue stesse parole: “Tante grazie a te, Chiara. Sei stata tu che hai fatto il vero lavoraccio”.