
Domingo Garcia Villamisar
Araceli Del Pozo Armentia
Departamento de Personalidad, Evaluación y Tratamiento
Facultad de Educación Universidad Complutense de Madrid
Recentemente è sorto un’enorme interesse per la psicologia positiva con applicazione al benessere dell’uomo (Seligman & Csikszentmihalyi, 2000). Da questa prospettiva si cerca di analizzare come la Psicologia possa contribuire allo sviluppo della persona nella sua integrità cercando le fondamenta in concetti classici della filosofia e della psicologia
Qualsiasi attività pratica ha come fine un bene, cosi Aristotele all’inizio della sua Etica a Nicómano. Quando una persona ha bisogno oppure desidera qualcosa, lotta per ottenerla giacche persegue un fine più ampio, vero oggetto del suo desiderio. Affinché questo desiderio non continui all’infinito, si cerca di avere un bene come fine ultimo che avvolga ogni particolare desiderio. Aristotele direbbe che gli uomini sanno che quel bene di ordine superiore é la eudaimonia, o se si preferisce, la felicità o vita buona. Sebbene ci sia pieno consenso riguardo al nome di questo bene, non tutti invece coincidono al momento di precisare il suo contenuto.
In genere il termine si traduce dal greco come felicità, anche se una tale traduzione riflette una certa semplicità, che non possiamo analizzare in profondità in queste brevi pagine. L’idea centrale della eudaimonia é il benessere, il sentirsi bene, riuscire bene nelle cose. Ma questa concettualizzazione é in se stessa ristretta perché contiene una certa passività. La eudaimonia avvolge, al nostro parere, la vita intera, e di conseguenza ogni tipo di azione dell’essere umano.
Ci sono al meno due modi possibili di capire il benessere. Da una parte abbiamo la prospettiva edonistica che definisce il benessere come la ricerca della felicità o del piacere. (Ryan & Deci, 2001). L’affetto positivo si considera componente centrale in questo modo di sentire la felicità. Riflette il piacevole collegamento fra l’essere umano e il suo ambiente, in conseguenza del quale l’uomo si sente attivo, sveglio, attento (Kahneman, Diener, & Schwarz, 1999). In grande misura l’ozio, il divertimento edonistico, la ricerca del piacere configurano questa prospettiva della felicità.
Al contrario, la prospettiva eudaimónica propone che la meta finale dell’umana attività sia vivere in modo consistente con il proprio io, con il proprio daimon, che rappresenta le migliori potenzialità di ciascuno. Vivere in consonanza con il daimon presuppone scegliere gli obiettivi vitali che più si adattano alla propria natura, lottare per raggiungere quegli obiettivi e dare senso alla propria vita. Attuare così, lottando per la riuscita di quei fini che si comprende configurano il meglio della propria vita, costituisce l’elemento necessario per riuscire nella autorealizzazione personale. L’eudaimonia, come stato soggettivo di natura emozionale, fa riferimento ai sentimenti che una persona sente quando si indirizza verso la sua autorealizzazione attraverso lo sviluppo delle proprie potenzialità e di altri propositi della vita (Ryan & Deci, 2001)
L’eudaimonia, intesa come il massimo livello di benessere che si possa conseguire attraverso la realizzazione dei valori personali potenziali, si può intendere sia dalla prospettiva del contenuto della propria vita sia da quella del processo intrinseco al proprio vivere bene. Cosi si configurano gli ingredienti essenziali dell’autorealizzazione umana, che a continuazione segnaliamo seguendo il gruppo di Ryff ( Ryff, 1989; Ryff & Keyes, 1995).
In sintesi le dimensioni attorno alle quali si può articolare l’autorealizzazione sono:
- Auto-accettazione: capacità di vedere e accettare virtù e difetti.
- Obiettivi e propositi di vita: disporre di mete e obiettivi che diano direzione e senso alla propria vita.
- Crescita personale: sentimento che i talenti e le potenzialità personali si realizzeranno nel corso del tempo.
- Relazioni positive con gli altri: avere rapporti di carattere profondo, di amicizia con persone significative.
- Affrontare gli impegni quotidiani: essere capace di rispondere alle esigenze della vita di tutti i giorni.
- Autonomia: avere la capacità di seguire e di realizzare le convinzioni personali anche nel caso che vadano contro i criteri convenzionali della società o di certi gruppi sociali.
Una volta stabiliti alcuni criteri operativi dell’autorealizzazione umana, potremmo interrogarci sui condizionamenti di ordine neuropsicologico che operano alla base di questa autorealizazzione.
Le funzioni esecutive configurano un elenco di capacità che facilitano la maturazione personale, uno dei componenti essenziali dell’autorealizzazione. Queste funzioni si riferiscono alle capacità direttive della propria mente, e sono configurate da un insieme di funzioni; non si tratta quindi di un’unica funzione. Le funzioni esecutive sono intimamente legate con altre capacità mentali, come la direzione e il controllo di percezioni, pensieri, azioni e, in buona misura, delle emozioni. I lobi frontali sono la base neurologica nella quale operano le funzione esecutive.
Senz’altro una delle metafore più significative che sono state usate per descrivere le funzioni esecutive, é quella del “direttore d’orchestra”. Secondo questa metafora le funzioni esecutive avrebbero la responsabilità di controllare il funzionamento delle restanti funzioni mentali da una posizione direttiva centrale. Altra metafora simile é quella del “team manager” che assomiglia a una equipe di allenatori che dirige una squadra di calcio. Al di là della funzione unica o molteplice che si attribuisce ai processi esecutivi, un modello che é risultato altamente descrittivo di queste funzioni é il modello holárquico. Secondo questo, le funzioni esecutive sarebbero distribuite lungo vari livelli, ma lo sviluppo di un livello non presuppone necessariamente che si sia raggiunto il totale sviluppo degli altri livelli.
¿In quale livello si situa l’autorealizzazione? L’autorealizazione é una dimensione dell’ autocontrollo. É configurata dai processi cognitivi impegnati nell’auto-coscienza, la riflessione personale e l’auto-analisi. Questi processi cognitivi hanno accesso all’informazione accumulata nel corso della vita intorno al proprio io, alla propria persona, e applicano questa informazione a situazioni specifiche, facilitando l’avvio, il mantenimento o la modifica di una condotta. Fra le funzioni esecutive collegate al processo di autorealizzazione possiamo indicare le seguenti: la percezione e la pianificazione di mete e obiettivi, dare avvio ad un preciso percorso di azione, modulare lo sforzo, mantenere la perseveranza nell’esecuzione di una condotta determinata, interrompere un’azione iniziata e dirigersi verso un’altra più conveniente, inibire una condotta anomala, organizzare il corso dell’azione, amministrate il tempo in modo adeguato, ecc...
Il normale sviluppo di queste funzioni esecutive configura in una certa misura le principali caratteristiche della personalità matura. Da qui possiamo affermare che maturità personale e autorealizzazione siano inseparabili, condizionandosi a vicenda.
In sintesi, in questa comunicazione si cerca di mettere in rilievo che l’autorealizzazione umana é condizionata in grande misura dal normale sviluppo delle funzioni esecutive, fondamento a loro volta della maturità personale. In future ricerche si potrebbe indagare su quali processi esecutivi fra quelli qui analizzati sono più vincolati all’autorealizzazione personale.
Ryan, R. M., & Deci, E. L. (2001). On happiness and human potentials: A review of research on hedonic and eudaimonic well-being. Annual Review of Psychology, 52, 141–166.
Ryff, C. D. (1989). Happiness is everything, or is it? Explorations on the meaning of psychological well-being. Journal of Personality and Social Psychology, 57, 1069–1081.
Ryff, C. D., & Keyes, C. L. M. (1995). The structure of psychological well-being revisited. Journal of Personality and Social Psychology, 69, 719–727.
Seligman, M., & Csikszentmihalyi, M. (2000). Positive psychology: An introduction. American Psychologist, 55, 5–14.