Prospettive di ricerca e d'intervento in psicologia:Identità, reciprocità e dono.
Centoquaranta fra psicologi, psichiatri e operatori della salute mentale, di 20 paesi diversi dei cinque continenti, si sono dati appuntamento a Castelgandolfo, dal 04 al 06 maggio, per il terzo Congresso Internazionale di Psicologia e Comunione.
A quattro anni di distanza dal precedente Congresso l’impressione è che la riflessione di psicologia e comunione abbia fatto notevoli passi avanti e che il dibattito sia quanto mai vivo e stimolante. La diversità di provenienze dei partecipanti e relatori ha aiutato il dialogo verso una realtà ormai globalizzata.Sono stati offerti, infatti, importanti ed originali studi nell’ambito delle neuroscienze (Belzung, Università di Tours, Francia), degli stili di vita (Garcia Villamisar, Universidad de Madrid, Spagna) della metodologia e della vita prenatale (Biela, Biela, Università Cattolica di Lublino, Polonia), delle organizzazioni (Zappalà, Università di Bologna).
Nell’area della ricerca sperimentale sono stati condivisi alcuni contributi su temi particolarmente nuovi e interessanti: il perdono (Università “La Sapienza” di Roma); il limite e il dono (da parte di un gruppo coordinato da una ricercatrice dell’Università Cattolica di Milano); l’adesione alla spiritualità di comunione e i riflessi sulla professione di psicologo (prof. Molinari dell’Università Cattolica di Milano).
La volontà di un dialogo a 360° è stata affermata attraverso le tavole rotonde che hanno presentato la psicologia e l’interculturalità, il rapporto interdisciplinare e le relazioni intergenerazionali tra i/le psicologi/e di diversa età e percorso professionale.
Il Congresso è stato caratterizzato da una grande presenza, molto coinvolta, di giovani studenti e neo-laureati, alcuni di essi hanno raccontato le loro prime esperienze lavorative, nonostante la crisi incombente; altri hanno descritto le loro tesi ispirate a Psicologia e Comunione; un gruppetto ha condiviso una singolare ricerca sulla “gentilezza”. Interessante l’impressione di un giovane, nella mattina conclusiva, che affermava di aver compreso come siano due le vie da percorrere per continuare questa esperienza nella realtà quotidiana e individuale prima di tutto: da un lato perfezionare sempre la competenza professionale, dall’altro vivere il dono di sé nella propria vita.
Centrale nel nostro lavoro è stato lo studio della relazione di comunione, che include la reciprocità, cosi come è riconosciuta dalla psicologia, ma nel contempo la supera, comprende altro. Per questo, lo studio della relazione di comunione richiede un analisi accurata, attraverso il confronto e il dialogo. Questa volta si è partito del dono.
Il dono non ha una caratterizzazione particolare in psicologia, non è stato studiato come nell’antropologia o nella sociologia e quindi rappresenta un elemento stuzzicante di novità. Simonetta Magari e Piero Cavaleri hanno sottolineato nel suo tema “La prospettiva di Psicologia e Comunione”, il valore del riconoscimento reciproco fra le persone, l’accoglienza della diversità che diventa possibilità di dono l’uno per l’altro, l’importanza che questo assume per la realizzazione del Sé e lo sviluppo della comunità.
El profesor Garcia Villamisar e la Dra. Del Pozo, dell’Universidad Complutense de Madrid (Spagna), hanno fatto uno intervento sulla relazione esistente tra stile di vita e benessere psicologico. Da un’approfondita riflessione sulle ricerche più recenti della Psicologia Positiva, i due studiosi tracciano un modello nel quale emerge, come fattore chiave del benessere, la capacità di equilibrio fra le diverse dimensioni del vivere umano. “Il dono è una parte strutturale dell’equilibrio perché è un elemento funzionale alla relazione. Il dono rende possibili le relazioni, che siano interpersonali, familiari, lavorative, anche spirituali. Poi interviene la capacità di autoregolazione e l’accettazione di sé, ma le relazioni positive, che contribuiscono all’identità personale e a dare senso alla nostra vita, sono poggiate sul dono”.
Salvatore Zappalà, professore associato all’Università di Bologna per Psicologia delle Organizzazioni, è impegnato nello studio dei fattori che favoriscono l’avvio e il consolidamento di reti d’imprese, come la collaborazione e la fiducia. “Nelle realtà organizzative c’è spesso una tendenza spontanea alla disponibilità reciproca, pensiamo a colleghi che si scambiano i turni, a collaborazione o scambi di uffici e reparti in periodi di lavoro intenso, o al fornire indicazioni su come risolvere piccoli o grandi problemi di lavoro. In taluni casi questa disponibilità viene riconosciuta dai dirigenti, che la incoraggiano attraverso le pratiche quotidiane o la carta dei valori. C’è una grande attenzione anche della psicologia del lavoro e delle organizzazioni verso quei fattori –umano e ambientali- che contribuiscono a rendere il posto di lavoro un’esperienza significativa e di qualità. Le buone relazioni hanno sicuramente un posto importante. E vero tuttavia che spesso l’esperienza del dono, se vogliamo usare questo termine, è definita un fattore “igienico” come afferma Herzberg. Probabilmente c’è spazio per pensare ad interventi che aumentino la consapevolezza di queste dinamiche nei dirigenti e nei lavoratori, rendendo cosi l’ambiente di lavoro più positivo”.
Una prospettiva centrata sul metodo l’ha presentata il prof. Adam Biela, dell’Università di Lublino (Polonia), che ha esteso l’analisi del paradigma dell’unità già iniziata da lui alcuni anni fa, in occasione di un’altra laurea honoris causa a Chiara Lubich, questa volta in Scienze Sociali, proprio all’Università di Lublino.
Manuela Partinico e Paola Canna, psicologhe e psicoterapeute, da alcune anni portano avanti interessanti esperienze di co-terapia con coppie in crisi. “Le premesse su cui fondiamo il nostro lavoro insieme, si basano su due coordinate per noi fondamentali: mantenere uno sguardo attento sulla coppia e uno sguardo rispettoso tra di noi. Un aspetto particolare del nostro modello di lavoro è di assumere la difficoltà relazionale tipica di ogni coppia. Le premesse del amore reciproco diventa per noi la chiave che ci permette di trasformare questa sofferenza nella positiva esperienza relazionale mancante, in cui la coppia può riflettersi. Cosi, ad esempio, all’incapacità di comprendersi, vissuta nella coppia, contrapponiamo l’esperienza dell’ascolto profondo e autentico tra di noi; al prevaricarsi l’un l’altro, l’attenzione a farci spazio reciprocamente negli interventi terapeutici; al timore dell’altro che blocca l’espressione personale, rispondiamo con la fiducia nel sostegno che ciascuna offre all’altra, e cosi via. Questo atto di “rovesciamento del limite” mostra cosi il suo importante potenziale terapeutico”.
Gian Vittorio Caprara, uno dei massimi esperti di psicologia della personalità, attraverso un suo intervento spontaneo di dialogo finale ha messo in luce che il riconoscere la diversità delle idee altrui, accogliere la specificità di ogni persona che incontriamo e - ove possibile – farlo reciprocamente, è soddisfacente per tutti, più utile a sé e agli altri.
Come ha dettoIrene Lombardo “Il bello viene adesso”.